Fiaba 52 – Quanto dista il cielo (O kunto mo’ padre Abate)

QUANTO DISTA IL CIELO (O kunto mo’ padre Abate = Il racconto col padre Abate), senza titolo nel manoscritto e appartenente a un gruppo di testi scritti con grafia incerta e infantile, evidentemente di persona appena alfabetizzata.

            Si tratta di un famoso aneddoto, parzialmente corrispondente al tipo 922 dell’indice AARNE-THOMPSON, diffuso in tutta Europa, del quale si possono trovare riscontri in D’ARONCO (sez. II, 1757) e LO NIGRO (pp. 212-213). Citando un’importante monografia di W. ANDERSON, LO NIGRO scrive: “La novella, secondo l’illustre studioso, è stata composta primamente nell’ambiente giudaico del vicino Oriente, forse in Egitto, verso gli inizi del sec. VII. In questa regione, infatti, uno storico arabo, IBN-ABDULHAKAM, ne scriveva la prima redazione intorno alla metà del sec. IX” (p. 213).

O KUNTO MO’ PADRE ABATE

 

scvrivano rimpicciolito          Io’ mia forà ce iche ena’ patera pu ìgue Padre Abate, ce tuo este sentsa pensèria, ce iche puru o’ kòkotu, pu u mare cinù. Mian emera pu ‘en iche ti kami, pirte ecikau sto’ portuna ce ègrafse utta loja: – Ettù abitei o Padre Abate sentsa pensèria.

            Mia kalì emera jaike o ria ecessu sti’ karrotsa, ce melètise utta gràmmata ce fònase: – Padre Abate, Padre Abate, ellae ettuna! – Cino pirte ce o ria tûpe: – Evò pu ‘ttù e’ fto mere jaenno pu ‘ttù ce ‘sù ènna mu pi possa miglia echi pu ‘ttù es ton anghera -. “Achà, ti èkama na grafso tuo sto’ portuna”, ipe sto pensièritu. Pirte panu sto gratti, stendefti ce nsìgnase na kami: – Mànamu, mànamu, ti ènna kamo, ti ènna kamo? – O kòkotu o’ rota, ma cino ‘e tôle.

            Diu tris emere proi na ftàsune es eftòs emere u tûpe ti iche cinù: – Ce ja tuo ‘e môle? – ipe tuo, – ce iche tossi fotia! – Endìsisa o koko fse Padre Abate ce o Padre Abate fse koko. Pirte o koko es ole tes puteke ce èbbie olo to sfìkomma ce èkame ena’ guaruna pu ‘e to chori makà stes kambarettu. Jaike o ria stes eftòs emere. Èftase o koko, pirte sti’ mesi, fònase pente efse kristianù ce pìrane o guari sto’ ria: – Fsikka utti punta ce pètaso ston anghera. – An imo àngelo, pètone. – Ka ‘sù ipe ka ènna su po possa mìglia echi! – Ma ‘sù o pènsefse kaglio pi mena. – Ce ‘en echi tuo manechò: evò ime o koko u Padre Abate.

 

                                                                                              (Calimera)

 

icona italiano

QUANTO DISTA IL CIELO

 

C’era una volta un prete che si chiamava padre Abate: se ne stava senza pensieri, e aveva pure un cuoco che gli preparava da mangiare. Un giorno, che non aveva nulla da fare, scese giù e scrisse sopra il portone le seguenti parole: “Qui abita padre Abate senza pensieri”.

Un giorno passò di là il re nella carrozza, lesse quelle parole e chiamò: – Padre Abate, padre Abate, vieni qui! – Il prete venne e il re gli disse: – Tra otto giorni ripasserò e tu dovrai dirmi quante miglia ci sono da qui al cielo -. “Ahimé, che errore è stato mettere quella scritta sul portone!” – pensò il prete. Si stese sul letto e cominciò a ripetere: – Mamma mia, mamma mia, come farò, come farò? – Il cuoco gli chiedeva spiegazioni, ma lui non rispondeva.

Qualche tempo prima che gli otto giorni fissati dal re fossero trascorsi, il prete si confidò col cuoco. – Per questo non parlavi ed eri così spaventato? – Si scambiarono allora i vestiti: il padre Abate si vestì da cuoco e il cuoco da padre Abate. Questi fece il giro delle botteghe e si fece dare tutto lo spago che avevano; lo avvolse, e formò un gomitolo così grosso che non entrava neppure in una stanza. Dopo otto giorni passò il re. Il cuoco si presentò, poi andò in piazza, chiamò sei o sette uomini e fece portare il gomitolo al re: – Prendi questo capo, – disse, – e vola fino al cielo. – Fossi angelo, volerei. – Non volevi sapere quante miglia ci sono? – Eh, tu la sai più lunga di me. – E non c’è solo questo; io sono il cuoco del padre Abate.

 

(Calimera)

 

 

 

Lascia un commento