Gennaio (Jennari)
“Entra l’anno nuovo con gennaio,
ed entra il freddo, ed il tempo cambia…”
Penetra, attraverso questi versi, il freddo dell’inverno ma anche il disagio e la sofferenza per il diverso destino degli uomini
Cesare De Santis nacque a Sternatia nel 1920. Bracciante agricolo, si arruolò giovanissimo e combatté in prima linea durante il secondo conflitto mondiale. Tornato in paese dopo sei anni, conobbe momenti di difficoltà, che lo costrinsero all’emigrazione, prima in Svizzera, poi in Germania. Morì a Milano nel 1986.
La sua produzione poetica in lingua grika è vastissima, e qui viene proposta solo in piccola parte. A volte egli contamina il griko con parole del greco moderno, lingua conosciuta in Germania da compagni di lavoro. Dei suoi testi fornisce anche la traduzione italiana, che (a parte un caso) viene integralmente riportata.
In questa sezione sono proposte alcune poesie tratte da “… Ce meni statti”, Amaltea edizioni, 2001, rappresentative dei motivi che più profondamente ispirano il poeta: gli affetti domestici, l’attaccamento alla propria terra, al proprio paese, alle origini contadine, la visione nostalgica del passato, il dolore per essere costretto ad emigrare per mantenere la famiglia.
A proposito della traduzione italiana operata dal poeta, è opportuno riferire le osservazioni proposte da Salvatore Codazzo nella prefazione al volume: “L’italiano di Cesarino De Santis è quello di una persona che percepisce in termini di alterità questa lingua. L’italiano Cesarino De Santis lo conosce non per il fatto che lo pratichi nella quotidiana comunicazione, ma per averlo appreso dai libri, e neanche da molti libri, ma solo da alcuni, quelli che nell’immaginario sono i libri fondamentali di quell’altra cultura: la Divina Commedia, l’Orlando Furioso, i Reali di Francia, Leopardi, magari. Come dire che l’italiano di De Santis è una lingua immaginata, ri-creata, sicché le traduzioni che egli offre valgono per l’atteggiamento che assume verso quell’altra lingua, quell’altra cultura, quell’altro mondo.
(La trascrizione dei testi in griko è stata uniformata alle regole assunte per tutti i testi riportati nel sito e i prestiti dal greco sono stati segnalati con un asterisco)
“Entra l’anno nuovo con gennaio,
ed entra il freddo, ed il tempo cambia…”
Penetra, attraverso questi versi, il freddo dell’inverno ma anche il disagio e la sofferenza per il diverso destino degli uomini
“Bella mia che odori come pera,
belle le grazie tue che mai non scordo…”
Immagini delicate che descrivono con semplicità la forza dell’affetto coniugale ed il dolore per essere costretti alla lontananza
“Paesello mio che sempre sei con me,
anche se per il vivere ti lascio…”
La lontananza porta ad idealizzare il proprio paese, a farlo sentire, come per il poeta, parte della propria vita e della propria anima
“L’ho fatta, l’ho fatta,
una notte di luna!…”
Versi rapidi e briosi per raccontare un’esperienza d’amore, per quanto breve e fuggevole come una notte di luna
“Quando vedo mio padre, figlioli
che sta seduto accanto al focolare…”
Il poeta ripercorre la propria vita vedendola riflessa nelle immagini del padre
“Attingevano l’acqua da un pozzo
due donne; poi venne ancora un’altra…”
Un apologo, semplice e sorprendente, sull’amore filiale
“Sola mi lasciasti e te n’andasti fuori,
l’estero ti gode ed io ho la pena…”
Dolore e desiderio di far sentire al marito lontano il proprio affetto, attraverso espedienti semplici ma impossibili costruiti dall’immaginazione.
“A festa va prudente la formica,
cercando e trasportando nei granai…”
La natura e il mondo contadino descritti con delicatezza e un poco idealizzati dal ricordo nostalgico del poeta
“Bello mio piccolo paesino
che circondato sei di oliveto…”
Il fortissimo legame del poeta verso il paese natio si esprime in versi nostalgici e struggenti
“Sono sei mesi che il tempo non piove,
la terra è secca e riarsa…”
Il poeta partecipa all’apprensione del contadino per la siccità che rovina il raccolto… Il pane della sua famiglia, però, è assicurato dal lontano lavoro in miniera.