Fiaba 35 – Il lupo e la volpe alla masseria (O liko c’e alipuna sti’ massaria)

IL LUPO E LA VOLPE ALLA MASSERIA (O liko c’e alipuna sti’ massaria) raccontata da Dusolina a Calimera, il 14 agosto 1885, e raccolta da V. D. PALUMBO.

            Nel manoscritto, all’inizio di questo testo, viene riferita una simpatica osservazione della narratrice, relativa all’inconsueto compito di dover dettare il suo racconto: “Mi sembra come se dovessi confessarmi, – lei dice; – quando devo confessarmi, mi viene una specie di batticuore; la stessa cosa mi capita anche adesso”.

            La storiella unisce alcuni motivi già incontrati, in particolare il 3 e il 4 dell’indice AARNE-THOMPSON (cfr. n. 7) ad altri nuovi: il lupo ingordo che viene bastonato, la volpe furba che riesce a scappare. Questi ultimi due motivi compongono un racconto presente nella raccolta di fiabe pugliesi di LA SORSA (Vol. I, Serie I, 2), nonché il testo 41 b dell’indice delle fiabe toscane di G. D’ARONCO. Molto simili alla trama complessiva del nostro racconto sono due versioni siciliane citate da LO NIGRO (p. 3). Anche le fiabe 73 e 74 dei fratelli GRIMM presentano gli stessi motivi.

            E’ interessante riferire, sul piano dell’interpretazione psicanalitica delle storie di animali, e in particolare della figura della volpe e del lupo, alcune osservazioni di M. L. von FRANZ contenute nell’opera L’individuazione nella fiaba (Torino, 1987). In generale, per la studiosa, gli animali delle fiabe sono degli animali simbolici; essi cioé sono portatori della proiezione di fattori psichici umani, e le storie di animali rappresentano le tendenze umane archetipiche. “Essi sono umani, perché in realtà non rappresentano istinti animali, ma i nostri istinti animali, e in questo senso essi sono realmente antropomorfi” (p. 31). “I diversi animali quindi caratterizzano i diversi stili di comportamento pulsionale. Ad esempio, la volpe rappresenta la scaltrezza e la furbizia più istintive; (…) il lupo allude simbolicamente ad un’altra caratteristica delle persone, cioé alla loro voracità insaziabile. Benché simile alla volpe, il lupo resta sempre vittima della sua pancia vuota. Quando la fame lo domina, perde tutta la sua scaltrezza e lo si può facilmente trarre in inganno, catturandolo con la tagliola o rinchiudendolo nel pollaio” (pp. 194-196).

 

O LIKO C’E ALIPUNA STI’ MASSARIA

 

scvrivano rimpicciolito     Io’ mia forà ce ion ena’ massari ce tria pedia. Quai pornò pia’ na kusu’ lutria; ce proi vaddha’ to pimma sto gala na quajefsi: tappu èrkutte, na kamu’ ti’ rikotta. Iche i’ kummara alipuna mo’ kumparo liko, c’ìpane: – Mbènnome, mbènnome ‘ttossu, na di ti vrìskome na fame! -. Ce mbika’ pu kau sti’ porta, pu kau sto gattari.

            Ntrikèftisa na fane. Depoi ipe cini, dopu efe kamposso: – Mino mino na piao medro, na dume mi me chorì nâguo -. Ce o liko panta eddhe. Cini ide ka i’ chorì nâgui, ce pirte na fai lion addho. Dopu regulefti posson iche na fai, èbbie mia’ frankà rikotta, in èvale sti’ ciofali, ce guike. Ce cino panta eddhe. Pirte ‘mpì sto mantsanemi, e alipuna, ce kàise. O liko ‘e fidèato nâgui; ìrtane e massari ce on brika’: ntrikèftisa n’u doku’ matsae ce u klasan ola ta stèata, ce o’ kama’ na pai depoi.

            Prai prai, ìvrike tin alipuna, c’ipe: – Oh, kummara alipùnamu, ti mu dòkane fse matsae! Pianni c’ipe cini: – Mu doka’ tosses emena, ti mu guala’ ta mialà defore. – Achà! – ipe cino mapale, – c’emena mu klasa’ ta stèata. – E’ chiru ‘vò, – ipe cini, – ka mu guala’ ta mialà defore. – Beh, prai na pame, – ipe cinon depoi. – Ka ti fidèome, – ipe cini, – na pratiso, ma mialà defore!? A’ me piannin akkanci, èrkome. – Meh, ‘nnea, – ipe cino, – na dume mi se sozzo -. Dopu in enneke, ntrikefti cini na kantalì:           

                        – Na-na, na-na,

                        lu malatu porta la sana!

 

                                                                          Dusolina (Calimera, 14 agosto ’85)

 

 

 

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IL LUPO E LA VOLPE ALLA MASSERIA

 

C’erano una volta un massaro e tre figli. Ogni mattina andavano tutti ad ascoltare la messa, ma prima mettevano il caglio nel latte per farlo indurire, in modo che, appena tornati, potessero fare la ricotta. Comare volpe e compare lupo dissero: – Entriamo, entriamo qui dentro, a vedere se troviamo qualcosa da mangiare -. Ed entrarono da sotto la porta, dalla gattaiuola.

Cominciarono a mangiare. Dopo aver mangiato parecchio, la volpe disse: – Aspetta un po’, vado a controllare se ce la faccio a passare -. E il lupo continuava a mangiare. Lei verificò che poteva ancora passare, e tornò a farsi qualche altro boccone. Quando si regolò quanto poteva ficcare nella pancia, prese un pugno di ricotta, se la mise sulla testa e uscì; – e il lupo sempre a mangiare! – cercò un bel posticino soleggiato e vi si stese. Il lupo intanto non riusciva a tirarsi fuori. Tornarono a casa i massari e lo trovarono lì; si misero allora a bastonarlo e gli ruppero tutte le ossa, poi lo fecero uscire.

Cammina cammina, trovò la volpe e cominciò a lagnarsi: – Povero me, comare volpe, quante bastonate mi hanno dato! – Lei rispose: – Ne hanno date tante pure a me; mi hanno spappolato il cervello! – Ohi ohi, – egli disse di nuovo, – a me hanno rotto le ossa! – A me è andata ancora peggio, – ripeté lei; – mi è schizzato il cervello dalla testa! – Beh, adesso andiamocene, – disse il lupo. – Non ce la faccio a camminare col cervello di fuori. Se mi prendi sulla spalla, vengo. – Va bene, sali; vediamo se riesco a portarti -. Quando gli fu in groppa, la volpe si mise a cantare:

– Trallalà, che cosa strana:

il malato trasporta la sana!

 

dal racconto di Dusolina (Calimera, 14 agosto 1885)

 

 

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